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Eriksson lottava contro un tumore al pancreas: ogni anno colpisce 7.000 italiani

SanitàEriksson lottava contro un tumore al pancreas: ogni anno colpisce 7.000 italiani

ROMA – “Sono estremamente dispiaciuto per la morte di Sven-Goran Eriksson. Non sappiamo ancora se abbia avuto un adenocarcinoma o un tumore neuroendocrino, non conosciamo i risultati delll’esame istologico. Quello che è certo è che il tumore del pancreas non è una entità unica e che la maggiore frequenza è proprio l’adenocarcinoma. Voglio poi aggiungere che ogni anno in Italia circa 6.000-7.000 persone complessive tra maschi e femmine ricevono una diagnosi di carcinoma del pancreas e che l’incidenza dei tumori del pancreas è di 9 su centomila nelle femmine e di 12 su centomila nei maschi”. Lo precisa all’agenzia Dire il professor Francesco Cognetti, Ospedale Isola Tiberina-Gemelli Isola e professore di oncologia presso l’International University Unicamillus di Roma.

L’ADENOCARCINOMA È UN TUMORE SILENTE

L’oncologo ricorda poi che vi sono poi altre forme più rare di cancro del pancreas, come ad esempio i tumori neuroendocrini. “La differenza non è banale- spiega- perchè hanno un comportamento clinico e biologico completamente diverso: l’adenocarcinoma è molto più aggressivo e anche piuttosto insensibile alle terapie mediche che possono essere applicate. In questi casi la diagnosi precoce è molto rara e difficile, perchè si tratta di tumori silenti e i sintomi compaiono quando la malattia, purtroppo, è ormai già in fase avanzata con la comparsa dell’ittero, ovvero la cute diventa gialla per effetto dell’aumento della bilirubina per compressione o infiltrazione delle vie biliari, e poi quando la localizzazione è soprattutto nella parte anteriore della testa del pancreas. Quando invece colpisce il corpo del pancreas, di solito la sintomatologia più frequente è il dolore per interessamento dei plessi nervosi”.

“LA DIAGNOSI È SPESSO TARDIVA”

In entrambi i casi la diagnosi è quasi sempre, purtroppo, tardiva e i sintomi compaiono quando la malattia è avanzata. “I rimedi principali- evidenzia Cognetti- sono la chirurgia, che può essere radicale e risolutiva solo in un numero basso di pazienti e i trattamenti medici, per i quali, oltre alla chemioterapia, c’è ora qualche novità di carattere biologico. Purtroppo, la prognosi di questi pazienti è molto infausta, con pochi di loro che sopravvivono oltre l’anno o i due anni“.

“E comunque- tiene a precisare- le persone che hanno una sopravvivenza un po’ più lunga sono espressione di percentuali estremamente basse, dato che la maggior parte muore presto, a poca distanza dalla diagnosi. Penso che questo sia stato il caso di Eriksson ma, come ho detto all’inizio, dal punto di vista dell’esame istologico non abbiamo notizie certissime. L’altra possibilità è che si sia trattato di un tumore neuroendocrino, una neoplasia che va avanti con maggiore lentezza, più facile da curare, perchè la chirurgia è spesso in grado di eradicarlo completamente. Una malattia, in questo caso, decisamente più rara che colpisce prevalentemente la coda del pancreas”.

QUALCHE SPERANZA DA UN NUOVO FARMACO (NON RIMBORSABILE)

Seppur minima c’è stata comunque qualche novità di cura soprattutto per i pazienti che presentano mutazione di Brca con i Parp inhibitor. “Mi riferisco al farmaco Olaparib. Non si tratta però di novità così importanti come invece accaduto per altre forme di tumori molto letali come, ad esempio, il tumore del polmone, che ha invece fatto registrare grandi avanzamenti grazie all’utilizzo delle terapie biologiche”.
Secondo Cognetti, “bisogna potenziare la ricerca, perchè rispetto a tanti altri tumori che fino a 10 anni fa erano altrettanto letali, il tumore del pancreas è quello che ha ricevuto minori benefici dalla ricerca e minori risultati dal punto di vista dell’innovazione farmacologica”.

L’esperto evidenzia che “l’Olaparib, infatti, non ha un’azione risolutiva, come invece accade per altri farmaci dello stesso genere, impiegati in altri tumori. Il farmaco cerca di rallentare l’evoluzione della malattia e, quindi, di aumentare i tempi di sopravvivenza: questo è l’obiettivo realistico della sua somministrazione”.

Farmaco, però, per il quale l’Aifa non ha concesso la rimborsabilità. “È stata una situazione davvero molto spiacevole- ricorda Cognetti- perché la decisione ci ha colpito in maniera davvero negativa. È una cosa che non si riferisce all’attuale vertice di Aifa, lo voglio ricordare, ma che è avvenuta qualche anno fa. Siamo rimasti molto contrariati da quanto deciso, anche perché si tratta di pochi e sfortunati pazienti, circa 600, dunque il 10% che presentano la mutazione di Brca, ai quali si doveva dare la possibilità di usufruire di questo farmaco”.

“Non è un farmaco risolutivo- conclude il professor Francesco Cognetti, Ospedale Isola Tiberina-Gemelli Isola e professore di oncologia presso l’International University Unicamillus di Roma- ma è un farmaco che, in qualche modo, li avrebbe potuti aiutare. In altri Paesi l’Olaparib è regolarmente registrato e rimborsato”.

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