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Paderno Dugnano, il killer 17enne come nella canzone di Vasco Rossi: ‘Farsi la barba o uccidere che differenza fa’

SanitàPaderno Dugnano, il killer 17enne come nella canzone di Vasco Rossi: ‘Farsi la barba o uccidere che differenza fa’

ROMA – Il disagio giovanile, il “corpo estraneo”, l’anafettività che avvelena il sangue nell’alcova di una vita normale e di una famiglia tranquilla. Si è costruita a piccoli passi e con un lessico della comprensione una sorta di movente psicologico collettivo e ‘semplice’ per quanto accaduto: il colpevole è il disagio giovanile. Si parla dei ragazzi, della loro alienazione nei social, delle solitudini croniche, postumi della pandemia, una melassa di colpa collettiva per quel killer di 17 anni che, a Paderno Dugnano, tra sabato e domenica, ha sterminato la propria famiglia nel cuore della notte con un coltello preso dalla cucina. Dal carcere Beccaria dove è recluso il giovane ha parlato di ‘sentirsi corpo estraneo in famiglia’, di aver voluto combattere in Ucraina e di ascoltare musica triste. Presente a se stesso, come emerge dai colloqui e dal cappellano che l’ha confessato, e consapevole di non poter tornare indietro.

E se il ragazzino fosse un lupo cattivo?
“E’ presto per dire se sia o meno un furbo- spiega alla Dire Emanuele Caroppo psichiatra e psicoanalista SPI- è sicuramente (da quello che emerge, ndr) attratto dalla dimensione di violenza, penso alla questione dell’Ucraina, avrà visto immagini del fronte bellico, lo sappiamo dalla musica che ascoltava; c’è una corrente di aggressività che non ha trovato una corretta espressione. Mi chiedo se sia psicopatia o anche un disagio della nostra civiltà (non un disagio solo giovanile, ndr) certo ad oggi non abbiamo elementi per dire che sia ascribile alla psichiatria”.
Il caso di Paderno Dugnano ha portato alla memoria l’orrore di Novi Ligure, lo sterminio commesso da Erika e Omar che anche nella sua vita da adulto sembra non aver redento se stesso, accusato dalla moglie di violenza e maltrattamenti.

Ci si redime?
“Nella vera psicopatia- chiarisce l’esperto- non c’è possibilità di ampio recupero. In quest’ultimo caso non entrerebbero le droghe che ci sono in molti degli altri casi analoghi. Nella letteratura scientifica- spiega lo psichiatra- questi gesti efferati sono associati a sostanze e come indicato dagli ultimi dati dello studio della Cattolica di Milano: ‘non aumenta il numero dei reati ma la gravità dei reati commessi dai minorenni con un importante aumento del 20% di quelli associati all’utilizzo di droghe nei soli ultimi 8 anni’. Poi non dobbiamo dimenticare che esiste appunto la dimensione della psicopatia che non ha a che vedere con i disturbi mentali. Esistono dimensioni di psicopatia che quelle sono, un pò come il colore della pelle, e uno psicopatico non è un pazzo. Si tratta di persone che nascono e crescono e si strutturano in quel modo: per loro l’altro non è minimamente riconosciuto”.

Emanuele Caroppo prova a ipotizzare quel movente, non giudiziario, ma mentale. Quello che è successo ha a che vedere con “il tema del perturbante: una condizione familiare e al contempo non familiare (c’è un termine tedesco che indica benissimo il contrasto: heimlich e unheimlich). Quella del perturbante- dice l’esperto- è una dimensione che è dentro ciascuno di noi, un inconscio imprevedibile che ci spaventa e lo spieghiamo con il ricorso alla categoria del disagio o della follia, ma fino a che non avrà fatto tutti i test e colloqui non possiamo ridurre il tutto in modo semplicistico ad un elemento o ad un altro. Quel perturbante per noi è qualcosa che riguarda tutti gli individui e le culture. La definizione di questi confini è influenzata dalle configurazioni culturali e antropologiche dei gruppi umani ed è soggetta a cambiamenti storici. Se c’è una vera dimensione di disagio forse non riguarda il singolo ma un’intera contemporaneità ‘liquida’ in cui si fa esperienza di un continuo sconfinamento. Sono saltati- continua lo psichiatra- confini psichici solidi e stabili, a partire dalla differenza sessuale ormai molto scemata. L’esperienza del perturbante in assenza di questi confini è diventata pervasiva e, come scriveva Augè che la individuava come vera caratteristica della nostra epoca, siamo ormai incapaci di fare esperienza dell’altro, dove l’altro è anche il disagio psichico che ho nella mia mente. Il rischio che si corre quando non si verbalizza questo altro e salta il confine è per dirla come Vasco Rossi In Stupido Hotel ‘farsi la barba o uccidere che differenza fa‘”.

A questo va senz’altro unito quell’uso dei social distorto dove non sono più strumenti utili “per socializzare, ma diventano una bolla virtuale e si cade in isolamento mentre il mondo fuori è sempre più caotico e- chiarisce Caroppo- se non vedo l’ altro nè fuori nè in me, dove l’altro è anche quel pensiero triste e cattivo, se non riesco a verbalizzarlo ecco quel pensiero diventa una corrente che arruginisce i processi dell’ animo fino a una frattura”. Possono esserci eventi scatenati: “Il compleanno, l’aumento delle temperature, la tensione per un regalo mancato… non conosciamo tutto… ci sono cose evitabili e altre no… a posteriori tutto sembra più semplice”.

Lo psichiatra proprio parlando di questo perturbante pervasivo ricorda “che siamo tutti vulnerabili” e lancia un allarme: “Non bastano schiere di psicologi, ma serve un ascolto psicologico dei bisogni dell’ animo. Il sistema amministrativo o delle regole anche nelle scuole non serve, chi ascolta?
Per fare un esempio: le scuole sono state riaperte dopo il lockdown, ma il modus operandi non si è trasformato mentre i ragazzi erano del tutto diversi ormai. Ascolto psicologico e non il farmaco, e ascoltare è rimanere imbrigliati nella vita dell’ altro. In questo senso i social sottraggono tempo al dialogo in famiglia e spesso in alcune menti diventano ispirazione: molti killer cercano notorietà e così quello che ti salta in mente fai”.
Bisogna evitare ogni resistenza a “parlare e condividere le proprie emozioni”, “contrastare stigma o pregiudizio, se ci si sente tristi o angosciati- raccomanda Caroppo- Questa è una dimensione fondamentale da ricordare sempre, proprio come si propone di fare il Festival Ro.Mens, il Festival diffuso di Roma dedicato all’inclusione in salute mentale, che si terrà anche quest’anno dal 3 all’8 ottobre; dire se ci si sente tristi o angosciati: questa è una dimensione da non dimenticare”.

“Mi sento un corpo estraneo in casa” ha detto il giovane, accusato di triplice omicidio con le aggravanti della premeditazione nelle sue primi ammissioni, ed è proprio questo il concetto del perturbante. “Salta il confine tra me e gli altri anche nel contesto familiare“, come ha spiegato lo specialista. E così quel pensiero cattivo non riconosciuto e non sfogato a parole è diventato la corrente che ha portato a pugnalare tantissime volte i suoi cari e per primo quel fratellino che lo vedeva magari ‘eroe’: resta da stabilire se questa “corrente” che dalla mente è passata al sangue sia la premeditazione che cercano gli inquirenti.

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