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VIDEO | Imprese, Conserva (Face): “Dazi, clima ed energia. Difendere l’alluminio in Europa”

LavoroVIDEO | Imprese, Conserva (Face): “Dazi, clima ed energia. Difendere l’alluminio in Europa”

ROMA – L’Europa deve importare circa 8 milioni di tonnellate di alluminio primario all’anno, a fronte di un utilizzo totale di metallo grezzo, incluso quindi quello proveniente dal riciclo, di poco più di 13,5 milioni di tonnellate. Negli ultimi anni l’Ue ha avuto infatti un forte calo nella produzione di primario con una perdita del 65%, e la produzione interna che era oltre 3 milioni di tonnellate nel 2000 ammonta oggi a sole circa 950.000 tonnellate.

Una situazione a rischio per un materiale ad alta tecnologia, di ampio e crescente utilizzo in ogni segmento industriale dai trasporti all’elettronica, alle strutture e presente nella vita quotidiana di tutti, dal foglio sottile, alle lattine per bevande, all’arredo, alle finestre, all’illuminazione. Su questa situazione impattano in particolare nel Vecchio continente circostanze legate alle caratteristiche stesse della produzione e alla supply chain del versatile metallo leggero: l’elevato consumo di energia nella sua produzione su cui pesano alti e crescenti costi; la effettiva disponibilità del metallo grezzo e i problemi nelle catene di fornitura, come i dazi sull’import in Ue, inconcepibili per una materia prima che non abbiamo; le misure climatiche che impattano sui costi di produzione, sia come costo che come dazio all’import da Paesi meno virtuosi dell’Ue; aggiungiamo poi le pressioni lobbystiche per sanzioni autolesioniste costruite ad arte anche in relazione a crisi internazionali come il conflitto tra Russia e Ucraina.

L’agenzia Dire ne ha parlato con Mario Conserva, fondatore di METEF, la fiera di riferimento sull’alluminio in Italia creata 25 anni fa, direttore della Rivista Alluminio e Leghe, presidente di FACE, la confederazione che rappresenta gli interessi di trasformatori e utilizzatori di alluminio in Europa. ‘Il fattore energia è un elemento che ha caratterizzato l’industria dell’alluminio sin dalla sua origine, anche quando la questione prezzi non era ‘calda’ come è attualmente’, ha spiegato Conserva.

Oggi uno tra i primi interventi chiave è senza dubbio nel miglior sfruttamento di quella che è una caratteristica fondamentale del metallo leggero e sue leghe, quella di poter essere recuperato e riciclato quasi infinitamente senza apprezzabili perdite di qualità metallurgiche e tecnologiche. Dal punto di vista del costo energetico, rimettere in ciclo il metallo leggero consente di recuperarne gli oneri della produzione elettrolitica, ed è per questo che da sempre si parla di alluminio come di una banca di energia, ne serve per la prima produzione ma te la restituisce se ti impegni a recuperarlo ed a rimetterlo in ciclo correttamente. Noi italiani- ha sottolineato Conserva- il riciclo dell’alluminio lo abbiamo praticamente inventato tanti anni fa, quando c’era molta spensieratezza sulla questione energetica, e oggi siamo giustamente in posizione di leader.

La seconda cosa comunque da fare, ed affrontata in effetti da tutti i principali produttori mondiali, è migliorare le tecnologie di produzione del metallo primario e scegliere le giuste fonti di energia per le fabbriche di elettrolisi dell’alluminio, gli smelter; subentra qui la questione di ecosostenibilità e l’obiettivo decarbonizzazione, una cosa è utilizzare per fare il metallo primario energia da fonti fossili ad alta impronta di CO2, altra cosa sono le produzioni con energia idroelettrica o solare, abbiamo ai nostri confini produttori di alluminio di qualità eccezionale e prodotto da energia idroelettrica, come in Norvegia o in Siberia, Paesi con molta acqua, mentre in Medio Oriente stanno portando avanti importanti applicazioni su alluminio solare’. Costi energetici più bassi e tutela dell’ambiente, evitando i fossili: anche in questo l’alluminio supera il test della sostenibilità. ‘Il problema dell’energia per la produzione di alluminio è usarne di ecosostenibile, questo avrà un peso enorme nei prossimi anni’, ha evidenziato Mario Conserva, segretario generale di FACE.

 ‘Bene quindi il riciclo dell’alluminio, punto molto importante dove l’industria ha giocato ottime carte- ha proseguito Conserva- In Europa se ne recupera più del 50%, ed arriva oltrechè dagli scarti dell’industria, dai rottami auto, dai cavi, dall’edilizia, dalle pentole e dagli imballaggi di vario tipo che utilizziamo ogni giorno, il percorso non è stato facile, ma i risultati ci sono, sottolineo che in Italia abbiamo raggiunto un ottimo obiettivo. D’altro canto la produzione interna di primario non c’è più da noi da anni quindi abbiamo puntato molto su recupero e riciclo, con risultati importanti’.

Comunque, nonostante i buoni risultati di recupero e riciclo, resta il serio problema in Ue di mancanza di metallo grezzo primario, data la crescita continua a livello globale della domanda di alluminio (ne sono state utilizzate nel mondo lo scorso anno intorno a100 milioni dei tonnellate di cui circa 70% primario ed il resto secondario da riciclo; le previsioni più accreditate vedono 150 milioni di tonnellate utilizzate nel 2050, 55% secondario e 45% primario). ‘Il fatto è- ha aggiunto Conserva- che in Europa manca il grezzo, manca in particolare l’alluminio primario, ne produciamo oggi meno del 15% di quanto serve per alimentare le industrie e gli impieghi a valle, i costi energetici ci hanno colto impreparati, le grandi multinazionali hanno delocalizzato i loro smelter dal vecchio continente, e noi italiani, pur con una capacità produttiva relativamente modesta rispetto alla domanda interna, siamo stati tra i primi’.

In sostanza l’alimentazione della filiera alluminio dell’Unione Europea è legata fortemente all’import di grezzo primario, ma è qui che si crea un nodo sinora irrisolto”. Abbiamo ancora una vecchia eredità di un dazio all’import di metallo grezzo- ha precisato Conserva- la misura tariffaria era stata introdotti decine e decine di anni fa quando in Europa producevamo alluminio primario e la tariffa poteva essere vista come una protezione, ma questa protezione non ha chiaramente funzionato, non ha potuto difendere nulla, ma ciononostante i dazi sul metallo grezzo sono sempre lì pressoché invariati dopo una modestissima revisione del 2007 che non modificò in alcun modo il danno per i trasformatori e gli utilizzatori a valle di alluminio in Ue; e stiamo parlando di cifre importanti, valutate dall’Università Luiss di Roma in una perdita di competitività del sistema a valle alluminio in Ue di circa 18 miliardi di euro nel periodo 2000-2018′. Detto in altri termini, un prodotto in alluminio in Europa già in partenza costa più di uno prodotto altrove, diciamo in Cina, un costo superiore il che rappresenta con tutta evidenza un pesante freno alla competitività delle migliaia di piccole e medie aziende del segmento a valle dell’alluminio in Ue che valgono, secondo le stime di FACE, il 75% del fatturato e circa il 90% dell’intera forza lavoro in Unione Europea.

Altro tema relativo ai dazi è il Cbam-Carbon Border Adjustement Mechanism, un ‘dazio ambientale’ che l’Ue prevede sui prodotti importati da Paesi che non hanno le stesse regole climatiche per la riduzione delle emissioni di carbonio europee. Quei prodotti costerebbero in partenza meno di quelli europei, senza il costo del carbonio, e la loro produzione comporterebbe l’emissione dello stesso, vanificando la lotta – globale – alle emissioni nemiche del clima e danneggiando la competitività delle imprese italiane.

Si tratta però di un’altra zavorra sul settore dell’alluminio, un dazio appunto ambientale. Il meccanismo del Cbam ‘è una costruzione complicatissima- ha commentato Mario Conserva- vorrebbe essere perfetto ma in realtà risulta impraticabile’. Secondo le stime di FACE l’effetto cumulativo del dazio sull’import dell’alluminio primario, che oggi manca pesantemente alla filiera in Europa, quello degli oneri del Cbam, porterebbe ad un extracosto per il downstream Ue dell’alluminio intorno 3,6 miliardi di euro per anno, un peso insopportabile in termini di perdita di competitività sul piano internazionale, in un contesto con Paesi che non hanno le nostre stesse legislazioni climatiche e i nostri stessi vincoli. ‘L’Europa così rischia di perdere posizioni e quello che è da sempre stato il nostro punto di forza, l’eccellenza nella trasformazione, l’originalità degli impieghi finali e degli utilizzi dell’alluminio e sue leghe nei vari segmenti– ha avvertito Conserva- a tutto danno di quelle migliaia di piccole e medie aziende di trasformazione e manifattura che tutti dicono di voler difendere ma che alla fine pochissimi difendono veramente.

Noi le difendiamo, fin dove è possibile, e quello che ci conforta è che la voce di FACE, insieme a quella di altre associazioni di categoria in Italia ed in Europa con noi solidali in queste iniziative per il metallo leggero, viene ascoltata’. Dunque, sul fronte delle richieste al governo e alle istituzioni, da parte di un settore trasversale cruciale per l’economia del Paese, ‘sicuramente la prima azione da fare- ha sottolineato Conserva- è garantire condizioni e regole uniformi, una parità di competizione ai nostri operatori, con le stesse condizioni di accesso alla materia prima che hanno i nostri formidabili concorrenti a Est. I decisori ci debbono aiutare a selezionare i produttori più adeguati ed ecosostenibili, i più affidabili e anche più vicini, perché anche la distanza conta’.

E’ una chiara presa di posizione che pone grande attenzione alle richieste di sanzioni sull’alluminio primario russo, ritenute penalizzanti per il mancato afflusso in Ue di metallo green e di alta qualità metallurgica, non solo prive di efficacia ma autolesioniste per il downstream Ue, ‘tenendo conto che il metallo di qualità cui dovrebbero rinunciare gli operatori europei è apprezzatissimo in Cina, che anche in virtù di questo regalo potrà aumentare la capacità competitiva a nostro danno’ ha concluso Mario Conserva.

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